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Vetrofonie
Ospite In Laguna
Valter Černeka
28 giugno – 27 luglio 2024
Atelier Vanessa Milan, Venezia
Le pietre di Venezia
Per questo momento inaugurale di OIL, abbiamo invitato Valter Černeka (Pola, Croazia, 1987), che conosciamo da tempo e con il quale abbiamo collaborato in diverse occasioni, insieme o separatamente. Valter ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove si è diplomato nel 2013 in scultura. Durante questo percorso di studi ha approfondito la tecnica dell’incisione e ha conosciuto molti amici, tra cui Vanessa, da lui invitata nel 2012 e nel 2013 con Tiziano Ciao a partecipare a 7 Dana Stvaranja (7 giorni della creazione) a Pazin. Vanessa ed io ci siamo incontrate nel 2013, anno in cui le ho proposto di curare insieme una mostra dedicata alla collezione grafica del CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea alla Spezia. Il percorso espositivo, inaugurato nel giugno nel 2013 nella Project Room, proponeva una selezione di opere scelte secondo le tecniche di stampa e in ogni sezione così ottenuta, erano inseriti lavori eseguiti dai componenti del gruppo Lab43, cui all’epoca Milan era legata. Nella sezione delle litografie, furono esposte anche due grafiche di Valter, cui nel 2022, ho dedicato insieme a Camilla Finzi una giornata espositiva: le sue incisioni erano allestite in una dimora privata, in un’atmosfera informale e accogliente, mentre il via vai del pubblico si alternava tra la visita amichevole e la professionalità di una galleria.
L’interpretazione data da Valter al nostro invito si è concentrata sulla scultura. Avendo vissuto e studiato per diversi anni a Venezia, ha formulato in modo spontaneo il pensiero alla base della sua presenza in laguna. Partendo dal suo luogo di nascita e dalla sua formazione artistica, ha individuato nella pietra d’Istria un comune denominatore tra la storia dell’urbanizzazione di Venezia e quella della regione dove vive. La pietra d’Istria con cui è stata costruita Venezia proviene prevalentemente dalle cave di Parenzo e Pola, città dell’Istria oggi parte della Croazia, ma è spesso utilizzata anche per costruire le case di questo paese. L’abbandono della campagna per andare ad abitare in città ha lasciato sul territorio croato case distrutte e abbandonate, dalle quali Valter preleva degli elementi che, tramite questa appropriazione e, talvolta attraverso un suo intervento, diventano opere di una serie, che dal 2013 ha intitolato Erte/Piedritti. La serie, ancora oggi in via di sviluppo, si è arricchita di due sculture presentate nella vetrina dell’atelier dal 28 giugno al 27 luglio 2024. Le “erte” – parola dialettale croata, usata, per una imprevedibile coincidenza, anche nel dialetto veneziano – sono elementi architettonici strutturali che funzionano da soglia, come stipiti, cornici, scalini, e sono caratterizzate dalle tracce dell’uso e del tempo: patina grigia, graffi, interventi di restauro le rendono speciali e attraenti esteticamente, mentre l’allestimento in verticale imposto dall’artista trasforma lo spazio che vanno ad occupare. La pietra d’Istria si presenta di colore bianco con striature di altri materiali o fossili quando estratta in cava e assume la patina grigia attraverso l’esposizione agli agenti atmosferici. Secondo le parole di Černeka: “i Piedritti possiedono un’energia propria, pura senza essere alterati ulteriormente da scalpelli. In alcuni casi subiscono una lavorazione manuale, assumendo vitalità e movimento, una luce nuova li ringiovanisce, presentando la scultura come una poesia arcaica che indica ciò che non può essere detto altrimenti” (1). Al di là dei confini geografici, la geologia del territorio croato si ribalta sull’architettura veneziana, la storia personale di Černeka si intreccia a quella del suo paese di origine e a quella di Venezia, evidenziando come non ci sia “soluzione di continuità tra i cantieri veneziani e le cave istriane; e fu un fatto dettato dal pragmatismo e dalla prassi […] La pietra d’Istria a Venezia rappresenta dunque un patrimonio comune delle due sponde; non è il frutto di un colonialismo, bensì di un Adriatico di altri tempi, quando fu una strada e non certo una frontiera” (2). Le sue sculture partecipano della vita delle pietre veneziane, lì fuori dall’atelier, e condividono la stessa memoria geologica e storica. Un cortocircuito che ricorda anche il famoso libro di John Ruskin, The Stones of Venice, scritto tra il 1851 al 1853, proprio mentre soggiornava a Venezia. Un libro che si incontra sui banchi di scuola, ma che non avevo mai letto, e questa è stata l’occasione propizia per recuperare la lacuna, mentre Valter lo aveva studiato per uno dei corsi seguiti all’Accademia. Proprio durante una passeggiata mattutina il giorno dopo l’inaugurazione con la famiglia di Valter e altri amici, ci siamo ad un certo punto ritrovati davanti a La Calcina, l’hotel in cui Ruskin visse e lavorò durante il suo soggiorno veneziano. Un sigillo per noi di quanto avevamo realizzato il giorno prima nell’Atelier di Vanessa. Le pietre studiate, disegnate, raccontate da Ruskin quasi duecento anni fa, sono le pietre con cui dialogano le sculture di Černeca e reinterpretano e attualizzano l’insegnamento e lo sguardo del teorico e acquarellista inglese, che ben sapeva della loro origine istriana.
Analizzando le sculture più da vicino, notiamo che Valter è intervenuto sulle due pietre, blocchi unici, con gradi diversi di astrazione e di indagine sulla relazione tra base e scultura. In una, ha levigato la parte bassa – solo i quattro lati, mentre la parte che non si vede e che poggia a terra, rimane originale – a rivelare il bianco della pietra, creando una sorta di basamento, che alleggerisce la pietra originaria e diventa un piedistallo. Nella parte alta, grigia, sono visibili un buco, dove forse alloggiava il cardine di una porta o di una finestra oppure una sbarra in ferro, senz’altro un elemento formale su cui si focalizza l’attenzione di chi guarda. Si scorgono anche dei restauri in cemento, delle tracce di lavorazione, che ci parlano di un tempo trascorso prima che questa pietra fosse recuperata per essere portata a Venezia. I due colori di cui si compone, quello originale, il bianco, e quello dato dal tempo, il grigio, si rafforzano a vicenda, rappresentando due momenti di una stessa storia.
Vedendo un’immagine della scultura in preparazione, mi è venuto d’istinto di paragonarla al Seagram Building di Ludwig Mies van der Rohe, costruito a New York nel 1958. La parte bassa dell’imponente edificio in acciaio, bronzo, vetro e cemento, è lasciata libera, fluttuante, vuota, leggera in contrasto con il resto dell’edificio. Un’intuizione di Mies, che rende unico questo grattacielo e geniale l’opera dell’architetto tedesco. Un semplice elemento strutturale in pietra diventava, quindi, un edificio modernista svettante verso l’alto grazie al levare materia nella parte bassa della scultura.
Un procedimento che si ripete ma che viene capovolto nella seconda scultura: nel blocco unico lo scultore croato scava una forma astratta sinuosa, una specie di anello, mentre la base non lavorata assume le forme più tradizionali di un piedistallo, pur non essendolo tecnicamente, poiché parte integrante della scultura. Come succede spesso per la scultura contemporanea, anche queste due pagano omaggio al maestro rumeno Constantin Brâncuşi, che nella prima metà del XX secolo ha realizzato forme astratte in scultura, indagato le relazioni interne fra loro e sperimentato con i materiali, lasciandoci soluzioni che sono ancora di ispirazione.
Partendo dalle proposte scultoree di Valter, Vanessa ha creato quattro diverse composizioni con matrici da lei recuperate in studio e sulle quali è intervenuta in modo forte con martello e brunitoio, dopo averle tagliate con una grande trinciatrice per metalli. Le forme così ottenute creano sul torchio composizioni inedite di grande potenza visiva. La stampa si è arricchita nella gamma cromatica del bianco, che ossidando vira al grigio/azzurro, alludendo al processo cui è sottoposta la pietra d’Istria, che originariamente bianca, viene rivestita da una patina grigia, dovuta all’inquinamento, all’acqua, agli agenti atmosferici.
Le composizioni così ottenute nelle quattro opere grafiche di Vanessa si allontanano dal suo usuale repertorio figurativo, per entrare in una dimensione più decisamente astratta e monumentale. I fogli 100 x 70 cm circa aggiungono volume e forza alla composizione. Una favorevole coincidenza ha voluto, inoltre, che Vanessa ricordasse che anni fa Valter le aveva regalato un foglio di carta per stampa, già in parte utilizzato, inciso, colorato con un’infusione a base di tè verde, che lo ha reso giallognolo. Lo ha recuperato e ha impresso le sue forme e colori, fondendo, come acqua e olio, presente e passato, memoria-ricordo e memoria-azione, e ottenendo un’astrazione muscolare e meccanica che si avvicina per stile e risultato alle avanguardie del primo Novecento del XX secolo, soprattutto agli esiti del Costruttivismo e Suprematismo russo. La carta, 100% cotone pressato, bagnandola prima della stampa, assume sotto il torchio la consistenza della tela, il disegno si fa tridimensionale e il colore movimento. Durante l’inaugurazione abbiamo lasciato a vista alcuni disegni, bozzetti da cui Milan è partita e alcuni elementi che sono entrati nella composizione: poche e semplici testimonianze del fare che possono solo alludere al felice e intenso momento creativo in cui sono state realizzate le quattro incisioni.
Per entrambi, Vanessa e Valter, la produzione grafica, utilizzando le varie tecniche a stampa, è parte integrante del loro fare artistico. Entrambi hanno fatto della loro preparazione una professione: Vanessa prima fondando con Tiziano Ciao il laboratorio DoppioFondo e dall’anno scorso l’Atelier Vanessa Milan; Valter con lo Studio Mot, che porta avanti un’indagine sull’incisione come strumento analogico per registrare le tracce della vita quotidiana, offre servizi per l’educazione artistica e la progettazione e il supporto tecnico per l’allestimento di mostre.
Sicuramente, l’amicizia e la reciproca stima hanno creato complicità e intesa, cosa che è evidente nei rimandi tra le opere esposte durante questo mese. La profondità dei lavori scaturiti da questo primo appuntamento è sorprendente e getta una piacevole aspettativa sugli appuntamenti futuri.
2.Testo inviato via email da Valetr Černeka ad aprile 2024
3. Nedo Fiorentin (a cura di), La pietra d’Istria e Venezia. Atti del Seminario di studio, Venezia, 3 ottobre 2003, Regione del Veneto, Cierre Edizioni, Venezia 2003, p. 20
Valter Černeka Consegue il diploma di laurea magistrale, indirizzo scultura presso l’ Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2013. Oltre alla scultura è impegnato nel campo della grafica e nell’educazione artistica.
Nel 2016 dà vita a MOT, un’impresa che opera nel settore culturale-artistico nella quale convivono l’aspetto tecnico (montaggio di opere e installazioni in musei e luoghi d’arte internazionali) e la produzione artistica e che funge da incubatore di idee (realizzazione di laboratori e consulenze).
Parallelamente continua a lavorare con le tecniche grafiche tradizionali, che utilizza come documento visivo, come strumento analogico che registra le tracce della quotidianità umana. Mentre nella scultura utilizza elementi naturali o materiali considerati di scarto, tramite l’uso dei quali va alla ricerca di una forma libera, passando attraverso l’osservazione critica del rapporto tra uomo e paesaggio.